martedì 19 agosto 2014

Trieste, città di pensionati

Per visualizzare il post è necessario abilitare javascript - Javascript is required for this post.

A Trieste "no se puede"

Il secondo mito che impera a Trieste è costituito dal cosiddetto "no se puede", "no se pol" (non si può). Diciamo invece che sarebbe più opportuno parlare di un "no volemo ke se possi" (non vogliamo che si possa), il tutto per evitare ai vari Don Rodrigo locali (e ce ne sono molti più di quanto si pensi - ma questo sarà un altro capitolo...) di perdere il controllo sui rispettivi campi di ortiche. A smentire il "no se pol" ci sono persone coraggiose che, nonostante i paletti, gli ostacoli, i NEIN e i RAUS ci provano, insistono, rompono le scatole a destra e a manca e, alla fine, magari con fatica, ce la fanno.

Le immagini sotto riportate sono state realizzate nel 2014 presso  (in ordine sparso): piazza Unità, il Porto Vecchio di Trieste, le scuderie del castello di Miramare, in occasione della mostra d'arte contemporanea messicana MEX PRO, i laboratori della sartoria sociale Lister, piazza Cavana, piazza Verdi, Teatro Rossetti in occasione di tre spettacoli allestiti dell'Accademia della Follia, la sede della Comunità serbo-ortodossa di Trieste, a San Giacomo, durante il corteo del Primo maggio, la sala Tripcovich e il teatro Miela, in occasione del Trieste Film Festival,  l'ICTP di Grignano, durante il mini maker faire, la sede dell''Arci in via Manzoni, in occasione dello spettacolo "Debolmente" di Mismas Teatro, il Centro culturale islamico di Trieste, in un negoziato del centro in compagnia di Giuseppe Denti.

Porto Vecchio di Trieste
MEX PRO Castello di Miramare
Accademia della Follia
Centro culturale islamico di Trieste
Comunità serbo-ortodossa di Trieste
Sartoria sociale Lister
Sartoria sociale Lister
Cobas Corteo del Primo maggio 2014
Trieste film festival
Trieste mini maker faire
Mismas Teatro Debolmente
Accademia della Follia
Trieste film festival
Claudio Misculin Accademia della Follia

Clicca qui per tornare alla pagina dedicata alla Trilogia dei miti da sfatare su Trieste

Il mito di Trieste italianissima

Il mito di Trieste italianissima, che purtroppo in passato ha determinato morti, persecuzioni, esili più o meno forzati, lo si può sfatare senza creare troppo disturbo ai neuroni: basta infatti togliersi paraocchi e paraorecchie, aprire le orecchie e guardarsi intorno. Le storiche comunità slovena, greca, ebraica, serba sono state affiancate in tempi più o meno recenti da quella cinese, da quella senegalese, da quella bosniaca e, parlando più in generale, da persone provenienti da più di trenta paesi sparsi sul globo terraqueo. Persone che, per la grande maggioranza, lavorano, pagano le tasse, mandano i figli nelle scuole italiane (o slovene), spesso parlano triestino, sono perfettamente integrate nella comunità cittadina, pur conservando (e condividendo) usi e tradizioni dei paesi d'origine.

Le immagini che presento sono state realizzate tra il 2013 e il 2014 e in varie parti della città (e fuori) e, in particolare: sul Molo Audace, presso la Comunità serbo-ortodossa di Trieste, presso e con l'Associazione Bosna Trst, durante il Grand Magal di Touba organizzato dalla Comunità senegalese, presso la cooperativa sociale Lister, negli studi di Radio Fragola, durante le prove dell'Accademia della Follia, durante il corteo del primo maggio, durante la festa conclusiva del Ramadan.

Donna africana sul molo Audace di Trieste
Il Grand Magal di Touba a Trieste
Francesca Hakelskamp e Viktor Guraziu
Ana Dal Bello
Guillermo Giampietro
Taiping Radio Fragola
Sartoria sociale lister
Fatima e Vahid Saletovic
Semso Lulic e Sefik Coric
Donne italiane convertite all'Islam
Il Pope della comunità serbo-ortodossa di Trieste
Festa finale del Ramadan a Trieste
L'associazione Bosanci Trst
Il Grand Magald di Touba a Trieste
Lavoratori del Primorski Dnevnik durante il Primo maggio
Donna indiana sul molo Audace

Clicca qui per tornare alla pagina dedicata alla Trilogia dei miti da sfatare su Trieste